Category Archives: Sculpture

Memorialevolubile, 2009

img_0754memorialevolubile, 2009, (dettaglio)

Memorialevolubile: che significa?

E’ una parola che non esiste. E’ un’invenzione ricavata dalla combinazione di due parole: memoriale, che attiene al ricordare o al far ricordare, e volubile che, al contrario, riguarda, il volgersi altrove, lo scordare. Una parola inventata unendone due di significato opposto. 

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Una parola che oscilla tra un’impossibile coincidenza dei contrari ed il loro irrisolvibile conflitto.

 

memorialevolubile, 2009, cm 58 x 94 x 76

 

img_0594-webIn questa mostra troviamo la parola memorialevolubile sulla copertina di alcuni libri bianchi collocati all’interno di teche e, inoltre,  su scatole di cartone che sorreggono sculture di rete metallica: un titolo dunque che si ripete, differenziandosi soltanto per il numero seriale che l’accompagna. Puoi spiegare che tipo di serialità questo titolo indica?

Titolo e immagine, nome e cosa sono, qui, inscindibili. La parola memorialevolubile spiega – nella sua irriducibile ambiguità – l’immagine, la cosa, tanto quanto queste ultime spiegano la parola. Questa relazione incrociata si dispiega nella ripetizione, nella serialità. La serialità cui “parola e cosa” rimandano è una serialità tragica che è sotto gli occhi di tutti. E’ la serie infinita di disastri ambientali di cui abbiamo perso il numero e di cui, comunque, non possiamo perdere la memoria. E’ proprio l’oscillazione tra la memoria e la sua cancellazione la contraddizione che memorialevolubile, a suo modo, indica.

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Libri sotto teca, sigillati, che non si possono sfogliare…

… libri dell’orrore, libri illegibili, memoriali la cui copertina reca soltanto l’immagine di un luogo, il suo nome – Chernobyl per esempio – e la data di quel disastro. Niente altro. Basta comunque, ritengo, ad evocare un orrore che nessuna coscienza può tollerare.

 

Sculture leggere e, insieme, inquietanti. Oggetti simmetrici, ma di una simmetria pencolante, sbilanciata, cose come sull’orlo di un precipizio. Come in pericolo eppure pericolose. Cose in cui entrano in relazione, senza conciliarsi, trasparenza e opacità, bellezza e rovina. Puoi dire cosa ti ha mosso ad inventare delle simili forme?

E’ stato d’improvviso, come se, d’un tratto, avessi sentito il bisogno di partire, di fare un viaggio. Lasciare quello che stavo facendo. Andare via. Un viaggio mentale, un viaggio tremendo. Ho cominciato a navigare in rete alla ricerca di quei luoghi della memoria, di quei luoghi dell’orrore: Vajont, Seveso, Bhopal, Mururoa…chernobyl-1986-b-n-webviaggio interminabile, allucinante. E concretissimo. Niente di virtuale. Un giorno ho preso a scaricare dai siti che andavo visitando alcune immagini di quei luoghi. Un numero crescente di foto di quei disastri. Sempre di più. Un gesto compulsivo, come dettato dalla paura che il numero di quelle immagini dovesse essere infinito. Dalla disperata volontà che avesse una fine…

memoriale32-lowmemorialevolubile, 2009, cm 58 x 94 x 76

… si tratta delle immagini che compaiono sulla copertina dei libri bianchi collocati nelle teche… e le sculture?

Ho sentito come insopportabile l’assuefazione al disastro, il pericolo che quei luoghi potessero essere dimenticati.  Quei luoghi, il nome di ciascuno di quei luoghi, dovrebbe essere ripetuto ad alta voce, ogni giorno… Eppure la voce, la parola non basta. Perlomeno a me che gioco con le forme…

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… giochi?

Sai di una cosa  più seria del gioco?

D’accordo. Ma torniamo a quelle forme, alla loro inquietudine, alla loro genesi….

(continua)

Memorialevolubile, 2009Museum Schloss Lichtenberg, Germany, 

Memorialevolubile – Museum Schloss Lichtenberg, Germany – 2009

img_0812_1-webmemorialevolubile, 2009, veduta d’installazione

img_0814-copia-webmemorialevolubile, 2009, veduta d’installazione

img_0817-copia-webmemorialevolubile, 2009, veduta d’installazione

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D’accordo. Ma torniamo a quelle forme, alla loro inquietudine, alla loro genesi….

… una forma, prima di rappresentare qualsiasi cosa, si presenta, si espone. Necessariamente. Questa sua necessità d’esporsi mi affascina. Mi affascina perché presuppone un celarsi. Senza questo celarsi nessun disvelamento, nessuna manifestazione sarebbe concepibile. Stessa dialettica, stesso gioco tra parola e silenzio. Ma sto divagando…Tu vuoi sapere qualcosa intorno alla loro nascita: ho pensato a delle forme disponibili a diventare monumentali,  che  tentassero di opporsi, in qualche modo, alla tendenza a dimenticare. Ho voluto accostarle a quei nomi, a quei luoghi, a quelle date. Come un monito.

La scelta di collocare queste sculture su delle scatole di cartone dà l’idea che siano appena giunte da chissà dove o che stiano per partire: puoi parlarmi di questa installazione?…

(continua)

Memorialevolubile, 2009

img_0555-webmemorialevolubile, 2009, ferro – cemento


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La scelta di collocare queste sculture su delle scatole di cartone dà l’idea che siano appena giunte da chissà dove o che stiano per partire: puoi parlarmi di questa installazione?

ll rapporto tra una scultura e la sua base è raramente un rapporto facile. Per la verità è un rapporto difficilissimo.

 

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3cartoniDi solito colloco direttamente per terra i miei lavori. In questo caso però le sculture, soprattutto quelle di piccole dimensioni che dichiaravano con più evidenza un loro carattere progettuale, non riuscivano a star per terra, pretendevano che le si guardasse da una diversa prospettiva. Quello di poggiarle su delle scatole che avevo in studio è stato il gesto più semplice, naturale, ed ha funzionato. Permane un che di transitorio in questa collocazione. C’è, come tu giustamente osservavi, una volontà di muoversi, di traslocare, come un’urgenza…

Consentimi ancora una osservazione: queste forme di rete metallica, mi paiono in qualche modo collegabili ad un immaginario scientifico… una scienza in cui sembra essersi insinuata una disposizione maligna. M’inganno? Normalmente tu usi materiali naturali. Nella maggior parte del tuo lavoro è possibile scorgere una relazione con il mondo di organico… E se anche le forme qui esposte potrebbero, è vero, appartenere ad un qualche regno naturale, si tratterebbe, comunque, di un regno alieno,  di una natura come scaturita da una mente in cui domina una sorta d’inquietante ossessione scientifica…


img_0540-webmemorialevolubile, 2009, ferro – cemento


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… non t’inganni. Devo ammettere che una forma naturale m’interroga, solitamente, più di quanto non faccia un manufatto o un prodotto industriale. Una forma naturale è facile mi chieda: lo sai da dove vengo, lo sai perché ho la forma che ho, puoi prevedere la forma che, trasformandomi, assumerò, lo capisci cosa mi muove? Io so che non so niente. E’ proprio questo che mi spinge a lavorare. Nel mio lavoro, ad ogni modo, mi sento libero d’usare qualsiasi cosa mi serva a dire quello che voglio dire, senza alcuna limitazione pregiudiziale. 

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Qui, in Memorialevolubile, la natura alla quale mi volgo è una natura ferita, offesa. Una natura in agonia. Un’agonia che è impossibile separare da quella “inquietante ossessione scientifica” cui alludevi. Esposte a quell’ossessione, queste forme ne sono contaminate. Dicevi “un regno alieno”: no, qui sei in errore. Se queste forme dicono di un’alienazione, quell’alienazione, quella follia non è di un altro, ma di questo mondo. Sono forme di pazzia. Forme pazze di dolore. Un dolore insopportabile. Che non è più possibile sopportare.

 

img_0453-webmemorialevolubile, 2009, veduta dello studio

 

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Dunque, a ben vedere, in questo tuo ultimo lavoro, possiamo, in fondo, scorgere una posizione politica?

Posso essere io, adesso, a porti una domanda? A ben vedere, c’è qualcosa che gli uomini facciano o subiscano –
coscientemente o incoscientemente – che venga fatta o subita al di fuori dalla politica?

T.S.

 


Memorialevolubile, 2009

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Terra Nera, 2008

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Terra Nera, misure variabili, Galerie C. Klein_Darmstadt – 2009

Opera Ultima / work in progress 2008

 

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… se è attesa questo vuoto, è attesa di una forma, una soltanto

 

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… se la forma attesa non può essere altro che quella e nessun’altra, attendere a quella forma è attendere che cessi di trasformarsi, attendere l’ora in cui comincerà a mostrare il suo nocciolo. Finalmente

operaultima18… non sono sicuro si tratti di esorcizzare la paura del vuoto, del nulla. Che pure c’è. Si tratta, semmai, di sentire, assieme allo sgomento, irresistibile l’attrazione per ciò che non mi è dato conoscere, tentare di giocare, in qualche modo evocandolo, con l’ignoto

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Opera Ultima / work in progress 2008

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Indefinito, Polimorfo – 2004/7

lavori recenti OK.inddprogetto per una scultura urbana, 2005

traforataferro21veduta dello studio

ferrotraf-5senza titolo, 2005, ferro,  (dettagli), orto botanico di Brera

trafo11senza titolo, 2005, carta, cm 140×200 

ferrotraf-1senza titolo, 2005, ferro, cm 240x250x40, orto botanico di Brera

traforata23senza titolo, 2005, carta, cm 140×200 

ferrotraf-4veduta dello studio, 2005

Fiori, 2008

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senzatitolo08_21Fiori, 2008, terracotta, dimensioni e numero di elementi variabili


Personae

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maschere per Etro, 1999

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Metameria,2006

lavori recenti OK.indd

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http://www.flickr.com/photos/ferruccioascaristudio/3441100471/in/photostream/

Il fondo non c’è, 2007

/>terracotta bianca, dimensioni variabili
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Vayu, 2008

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… non nego sia inutile l’orcio che manchi del fondo, d’altronde non riesco a sottrarmi a questa inutile fatica, a questa condanna a fare cose senza utilità, senza senso. Tu lo sai in che direzione soffierà il vento, che senso avrà?

operaultima101

operaultima16

Metameria,2007
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Latte nero, 2008

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